_ Zamenhof, Montessori, Pedagogia e Pace
Maria Montessori (1870 - 1952) e Ludwig Zamenhof (1859 - 1917) sono stimate figure storiche per come hanno concretizzato la loro creatività, rispettivamente nel campo dell’educazione e della linguistica applicata, per aiugare gli altri a realizzare appieno il proprio potenziale nel creare un mondo più giusto e pacifico.
Questi due idealisti ma pratici hanno fatto esperienza in prima persona della mancanza della pace, nel ghetto di Varsavia o nell’Italia sotto Mussolini, e per questo hanno compreso cosa importa davvero.
Entrambi furono medici sul finire dell’Ottocento, e fecero buon uso di questa conoscenza a fini educativi: la Montessori è stata la prima donna medico italiana (diplomata a Roma), prima di interessarsi agli aspetti educativi, mentre Zamenhof fu un oculista che padroneggiava undici lingue.
Non volsero le spalle a meno fortunati, né persero di vista i gravi problemi presenti nella società, e sentirono la responsabilità di usare le loro capacità inusuali per fare la differenza.
Entrambi trovarono nuove soluzioni a vecchi problemi, e rifiutarono i limiti del senso comune della loro epoca.
La Montessori non accettò che i bambini poveri o “semplici” non dovessero avere un’educazione, o che i bambini fossero per natura maleducati o pigri, o che gli insegnanti dovessero comandare i bambini con le percosse o i ricatti.
Zamenhof non accettò il fatto che le guerre etniche fossero inevitabili e accettabili come parte integrante della vita di una società multiculturale. Non accettò che i bambini nati in certi gruppi linguistici dovessero essere svantaggiati rispetto ad altri cittadini del mondo, e obbligati ad imparare (ma non per questo messi nelle condizione di farlo) le lingue di gruppi linguistici più forti, che non avrebbero mai ricambiato la cortesia imparando le lingue degli svantaggiati.
La Montessori e Zamenhof avevano ragione. Le loro soluzioni sono state testate, implementate e trovare adeguate per un secolo dalla formulazione.
Oggigiorno è largamente accettato il fatto che i bambini possono imparare molto fin dalla più tenera età, e che hanno bisogno di muoversi, esplorare, costruire la comprensione del mondo secondo il loro ritmo. Queste sono solo alcune delle sfide che la Montessori ha lanciato al senso comune del suo tempo.
Allo stesso modo Zamenhof. Milioni di persone usano l’esperanto, la lingua che ha creato. Investire solo circa 100 ore nell’apprendimento della lingua getta un ponte con le oltre 6000 lingue del mondo, che sono irregolari. L’esperanto è una scelta equa e pratica, che fornisce tutte le sottigliezze che una lingua deve fornire, con la massima semplicità possibile.
La dottoressa Montessori comprese attraverso l’attenta osservazione dei bambini al lavoro. Disse alle sue allieve di fare lo stesso e di adattare la pedagogia al bambino, non il bambino alla pedagogia, come si era fatto fino a quel momento.
Analogamente, il dottor Zamenhof osservò cosa gli apprendenti richiedessero da una lingua comune, e la creò: paradigmi regolari per la facilità nell’apprendimento, radici riconoscibili e neutralità per rispettare la dignità di ciascuno.
Esperanto e Montessori al mondo offrono insieme più di quanto potrebbero offrire singolarmente.
Questi due idealisti ma pratici hanno fatto esperienza in prima persona della mancanza della pace, nel ghetto di Varsavia o nell’Italia sotto Mussolini, e per questo hanno compreso cosa importa davvero.
Entrambi furono medici sul finire dell’Ottocento, e fecero buon uso di questa conoscenza a fini educativi: la Montessori è stata la prima donna medico italiana (diplomata a Roma), prima di interessarsi agli aspetti educativi, mentre Zamenhof fu un oculista che padroneggiava undici lingue.
Non volsero le spalle a meno fortunati, né persero di vista i gravi problemi presenti nella società, e sentirono la responsabilità di usare le loro capacità inusuali per fare la differenza.
Entrambi trovarono nuove soluzioni a vecchi problemi, e rifiutarono i limiti del senso comune della loro epoca.
La Montessori non accettò che i bambini poveri o “semplici” non dovessero avere un’educazione, o che i bambini fossero per natura maleducati o pigri, o che gli insegnanti dovessero comandare i bambini con le percosse o i ricatti.
Zamenhof non accettò il fatto che le guerre etniche fossero inevitabili e accettabili come parte integrante della vita di una società multiculturale. Non accettò che i bambini nati in certi gruppi linguistici dovessero essere svantaggiati rispetto ad altri cittadini del mondo, e obbligati ad imparare (ma non per questo messi nelle condizione di farlo) le lingue di gruppi linguistici più forti, che non avrebbero mai ricambiato la cortesia imparando le lingue degli svantaggiati.
La Montessori e Zamenhof avevano ragione. Le loro soluzioni sono state testate, implementate e trovare adeguate per un secolo dalla formulazione.
Oggigiorno è largamente accettato il fatto che i bambini possono imparare molto fin dalla più tenera età, e che hanno bisogno di muoversi, esplorare, costruire la comprensione del mondo secondo il loro ritmo. Queste sono solo alcune delle sfide che la Montessori ha lanciato al senso comune del suo tempo.
Allo stesso modo Zamenhof. Milioni di persone usano l’esperanto, la lingua che ha creato. Investire solo circa 100 ore nell’apprendimento della lingua getta un ponte con le oltre 6000 lingue del mondo, che sono irregolari. L’esperanto è una scelta equa e pratica, che fornisce tutte le sottigliezze che una lingua deve fornire, con la massima semplicità possibile.
La dottoressa Montessori comprese attraverso l’attenta osservazione dei bambini al lavoro. Disse alle sue allieve di fare lo stesso e di adattare la pedagogia al bambino, non il bambino alla pedagogia, come si era fatto fino a quel momento.
Analogamente, il dottor Zamenhof osservò cosa gli apprendenti richiedessero da una lingua comune, e la creò: paradigmi regolari per la facilità nell’apprendimento, radici riconoscibili e neutralità per rispettare la dignità di ciascuno.
Esperanto e Montessori al mondo offrono insieme più di quanto potrebbero offrire singolarmente.